Repertorio 2001-2007
PLUMES
Danza su un piano ostinato
Coreografia, regia video, montaggio musicale: Giovanna Amarù
Interpreti: Audrey Borthayre, Carlo Ferreri, Massimo Leggio, Giovanna Amarù
Montaggio video, luci : Marco Sciveres
Costumi: Brigitte Eckly
Testi: Aristofane
durata: 50'
Produzione 2001/2002 con il sostegno di: ConsorziOltremare
“Uomini nati nel buio della vostra vita, simili alla stirpe caduca delle foglie, esseri fragili, impasto di fango, vane figure d’ombra, senza la gioia delle ali, fugaci come il giorno, infelici mortali, uomini della razza dei sogni, date ascolto a noi: immortali e sempre viventi, creature del cielo, ignari di vecchiezza, esperti di indistruttibili pensieri. Ascoltate da noi tutta la verità sulle cose del cielo e la natura degli uccelli, sull’origine degli dei e dei fiumi, dell’Erebo e del Caos” Aristofane, Gli Uccelli
“ Au commencement était le Vide et la Nuit et le noir Erèbe et le vaste Tartare, mais ni la terre ni le ciel n’existaient. Dans le sein infini de l’Erèbe tout d’abord la Nuit aux ailes noires produit un oeuf, sans germe, d’ où, dans le cours des saisons, naquit Eros le désiré au dos étincelant d’ailes d’or, Eros semblable aux rapides tourbillons du Vent. C’est lui, qui, s’étant uni la nuit au Vide ailé dans le vaste Tartare, fit éclore notre race et la fit paraître la première au jour. Jusqu’alors n’existait point la race des immortels, avant qu’Eros eu uni tous les éléments : à mesure qu’ils se mêlaient les uns aux autres, naquit le Ciel et l’Océan et la Terre et toute la race impérissable des dieux bienheureux.” Aristofane, Gli Uccelli
Disegnato sotto un cielo basso, incombente, Plumes si svolge attraverso una successione di visioni oniriche e di coincidenze temporali, di rimando ad una sorta di cosmogonia narrata attraverso le immagini video e tratta del coro de “Gli uccelli”. Gli interpreti in scena, in uno sforzo di comprensione dell'ineffabile, si muovono in una sorta di ruota ciclica fra scoperta, gioco, violenza, festa e solitudine.
IN CORPORE MUTO
Coreografia e interpretazione: Giovanna Amarù, Audrey Borthayre
Regia video e montaggio musicale: Giovanna Amarù
Fool: Carlo Ferreri
Montaggio video: Marco Sciveres
Scenografia: Henri e Audrey Borthayre, Zjelco Milkovic
Costumi: Audrey Borthayre
Testi: Antonin Artaud
Durata: 50’
Produzione: 2003/2004
Con il sostegno di: Cie Nomades, Majazé, Ville de Vaux le Pénil, ConsorziOltremare.
Un Fool incantatorio parla per bocca d’Antonin Artaud. Da un luogo deputato e virtuale assiste e celebra con vino la carne elastica, il respiro, il magico suono meccanico. In scena i corpi di due danzatrici. Rame, sale e luce elettrica. Chimica/fisica organica, arti nella ruota temporale, percussione del pensiero, bastone, occhio di pesce, risa dita denti lampade. La condizione di mutismo/mutazione del corpo evolve verso una equazione fra Pneuma e Logos, esemplificata nella relazione danzatore-attore, spazio intimo-paesaggio esteriore.
ALEPH
Concezione, regia e video: Giovanna Amarù
Ricerca coreografica e danza: Audrey Borthayre (in seguito Marta Capaccioli), Giovanna Amarù
Musicista, voce: Jose Fabris ( sassofono),
in seguito Loïc Garnier (tromba),
in seguito Edoardo Orofino ( violino)
Montaggio video, Tecnico Demiurgo: Marco Sciveres
Riferimenti bibliografici:
Gertrude Stein, “Writings”, “Tender buttons”, “Before the flowers of friendship faded friendship faded”
JL.Borges, “El Aleph”
Charles Perrault, “ Le petit chaperon rouge”
Roland Barthes, “La chambre claire”
Produzione 2004/2005 con il sostegno di: Città di Sion, Teatro Interface, Migros Pour-cent culturel, Loterie Romande, Città di Vevey, ConsorziOltremare, Micadanses Parigi, Studio L.I.R.A., Regione Siciliana Assessorato dei Beni culturali e ambientali e della Pubblica Istruzione.
Durata: 55’
"Salomon saith: There is no new thing upon the earth. So that as Plato had an imagination, that all knowledge was but remembrance; so Salomon giveth his sentence, that all novelty is but oblivion.
FRANCIS BACON, “Esseys”
Costruito in uno spazio chiuso, cubico e trasparente, questo lavoro è una riflessione sull’ambiguità tra realtà e realtà della percezione. Gli interpreti si muovono in condizioni di semi oscurità, estremamente vicini al pubblico e la “visione”, in quanto “rivelazione”del corpo o epifania, è legata a percezioni sensoriali minime, nonché restituita a tratti con delle proiezioni di immagini a infrarossi, dal tecnico in scena. Questi ha qui la funzione di “demiurgo” dell’azione, d’occhio che sottrae le figure al buio notturno per restituirne la fiaba. Come un “Aleph” di borjesiana memoria, lo spettacolo si offre, oltre che a una sperimentazione coreografica guidata dalla memoria spaziale e dall’ascolto ritmico, a una sorta di miraggio e magia del rovesciamento dello spettacolare. Dal suo interno, i ritratti di ognuno si perdono fra le immagini sfocate di un labirinto, come cifra e linguaggio di cui si è perso il codice.
LETTERE all'Assente
Di e con: Giovanna Amarù
Con la collaborazione di: Carlo Ferreri
Montaggio video, tecnica: Marco Sciveres
"Racconto senza fine all'assente la sua assenza; situazione sommamente inaudita; l'altro è assente come referente, presente come interlocutore. Di tale singolare distorsione nasce una sorta di presente insostenibile.
L'assenza dura, bisogna che la sopporti. Dunque la manipolerò: in modo da trasformare la distorsione del tempo in va e vieni, produrre del ritmo, aprire la scena del linguaggio (il linguaggio nasce dall'assenza: il bambino si è costruito un rocchetto, lo lancia e lo riprende, mimando la partenza ed il ritorno della madre: è stato creato un paradigma). L'assenza diviene una pratica attiva, un indaffararsi ( che mi impedisce di fare altro). Questa messa in scena del linguaggio allontana la morte dell'altro: un momento molto breve, diciamo, separa il momento in cui il bambino crede ancora la madre assente e quello in cui egli la crede già morta.
Manipolare l'assenza, è allungare questo momento, ritardare il più possibile l'istante in cui l'altro potrebbe passare bruscamente dall'assenza alla morte".
(Roland Barthes, Fragments d'un discours amoureux)
Un monologo sulla falsariga di un racconto interiore, un movimento costante ed aperto come quello di una corrispondenza intima con l'Assente, che è un presente d'altra natura. Appunti ed osservazioni d'un viaggio dove il desiderio è descrivere e descriversi ad una presenza sottratta. Una figura che è "il corpo dell'attesa" dunque, storicamente, il paradigma del femmineo e del femminile. Penelope joyciana, Bella addormentata nel bosco, Madonna nell'attesa della resurrezione o danzatrice alle prese con un tempo fatto di molte vite, alla ricerca del passo riconciliante, esaustivo.
FIGURA PRIMA
Il pittore ed il corpo danzante
Progetto e danza: Giovanna Amarù
Pittura: Jean Blaise Evequòz
Tecnica luci e proiezioni: Marco Sciveres
Produzione 2006 con il sostegno di: Teatro Interface, Loterie Romande, Migros Pour–Cent Culturel.
Durata: 45’
"Credo che il pittore debba essere attraversato dall'universo e non volerlo attraversare…Aspetto d'essere interiormente sommerso, sepolto. Dipingo forse per risorgere. Ciò che chiamiamo inspirazione dovrebbe essere preso alla lettera: vi è realmente inspirazione ed espirazione dell'Essere, respirazione nell'Essere, azione e passione così poco distinguibili che non sappiamo più chi vede e chi è visto, chi dipinge e chi è dipinto". « L'œil et l'esprit », Merleau-Ponty
Questo progetto per un pittore ed un danzatrice è una ricerca sul processo creativo che induce l'uno alla trasposizione della "visione" sulla tela, l'altra alla trasformazione del movimento attraverso le suggestioni della materia pittorica. L'atto del dipingere, il ritratto, sono ripresi nel loro divenire da una camera e proiettati su diverse superfici,delimitando lo spazio della danzatrice. Il materiale coreografico, lavorato in un primo tempo in modo più astratto e indipendente, subisce, secondo l'immagine proiettata, un forte condizionamento spaziale, qualitativo e ritmico. A sua volta l'immagine cangiante dell' "oggetto" ritratto incide sull'immagine mentale del ritrattista. Una figura prima delle figure, una prima figura di infinite altre.Conoscenza del Sé, percezione e rappresentazione dell’Altro fanno eco al mito di Narciso ed a quello di Pigmalione e Galatea, come punto nodale di un binomio desiderio/identità che si infrange nella genesi dell’immagine. Questa creazione, che lascia ampio margine ad una scrittura istintiva, mette l'accento sulla metamorfosi continua e reciproca del movimento e dell'atto del dipingere, dove vedere e sentire sono la stessa cosa ed "ogni tecnica è tecnica del corpo, a raffigurare ed amplificare la struttura metafisica della nostra carne".
PLUMES
Danza su un piano ostinato
Coreografia, regia video, montaggio musicale: Giovanna Amarù
Interpreti: Audrey Borthayre, Carlo Ferreri, Massimo Leggio, Giovanna Amarù
Montaggio video, luci : Marco Sciveres
Costumi: Brigitte Eckly
Testi: Aristofane
durata: 50'
Produzione 2001/2002 con il sostegno di: ConsorziOltremare
“Uomini nati nel buio della vostra vita, simili alla stirpe caduca delle foglie, esseri fragili, impasto di fango, vane figure d’ombra, senza la gioia delle ali, fugaci come il giorno, infelici mortali, uomini della razza dei sogni, date ascolto a noi: immortali e sempre viventi, creature del cielo, ignari di vecchiezza, esperti di indistruttibili pensieri. Ascoltate da noi tutta la verità sulle cose del cielo e la natura degli uccelli, sull’origine degli dei e dei fiumi, dell’Erebo e del Caos” Aristofane, Gli Uccelli
“ Au commencement était le Vide et la Nuit et le noir Erèbe et le vaste Tartare, mais ni la terre ni le ciel n’existaient. Dans le sein infini de l’Erèbe tout d’abord la Nuit aux ailes noires produit un oeuf, sans germe, d’ où, dans le cours des saisons, naquit Eros le désiré au dos étincelant d’ailes d’or, Eros semblable aux rapides tourbillons du Vent. C’est lui, qui, s’étant uni la nuit au Vide ailé dans le vaste Tartare, fit éclore notre race et la fit paraître la première au jour. Jusqu’alors n’existait point la race des immortels, avant qu’Eros eu uni tous les éléments : à mesure qu’ils se mêlaient les uns aux autres, naquit le Ciel et l’Océan et la Terre et toute la race impérissable des dieux bienheureux.” Aristofane, Gli Uccelli
Disegnato sotto un cielo basso, incombente, Plumes si svolge attraverso una successione di visioni oniriche e di coincidenze temporali, di rimando ad una sorta di cosmogonia narrata attraverso le immagini video e tratta del coro de “Gli uccelli”. Gli interpreti in scena, in uno sforzo di comprensione dell'ineffabile, si muovono in una sorta di ruota ciclica fra scoperta, gioco, violenza, festa e solitudine.
IN CORPORE MUTO
Coreografia e interpretazione: Giovanna Amarù, Audrey Borthayre
Regia video e montaggio musicale: Giovanna Amarù
Fool: Carlo Ferreri
Montaggio video: Marco Sciveres
Scenografia: Henri e Audrey Borthayre, Zjelco Milkovic
Costumi: Audrey Borthayre
Testi: Antonin Artaud
Durata: 50’
Produzione: 2003/2004
Con il sostegno di: Cie Nomades, Majazé, Ville de Vaux le Pénil, ConsorziOltremare.
Un Fool incantatorio parla per bocca d’Antonin Artaud. Da un luogo deputato e virtuale assiste e celebra con vino la carne elastica, il respiro, il magico suono meccanico. In scena i corpi di due danzatrici. Rame, sale e luce elettrica. Chimica/fisica organica, arti nella ruota temporale, percussione del pensiero, bastone, occhio di pesce, risa dita denti lampade. La condizione di mutismo/mutazione del corpo evolve verso una equazione fra Pneuma e Logos, esemplificata nella relazione danzatore-attore, spazio intimo-paesaggio esteriore.
ALEPH
Concezione, regia e video: Giovanna Amarù
Ricerca coreografica e danza: Audrey Borthayre (in seguito Marta Capaccioli), Giovanna Amarù
Musicista, voce: Jose Fabris ( sassofono),
in seguito Loïc Garnier (tromba),
in seguito Edoardo Orofino ( violino)
Montaggio video, Tecnico Demiurgo: Marco Sciveres
Riferimenti bibliografici:
Gertrude Stein, “Writings”, “Tender buttons”, “Before the flowers of friendship faded friendship faded”
JL.Borges, “El Aleph”
Charles Perrault, “ Le petit chaperon rouge”
Roland Barthes, “La chambre claire”
Produzione 2004/2005 con il sostegno di: Città di Sion, Teatro Interface, Migros Pour-cent culturel, Loterie Romande, Città di Vevey, ConsorziOltremare, Micadanses Parigi, Studio L.I.R.A., Regione Siciliana Assessorato dei Beni culturali e ambientali e della Pubblica Istruzione.
Durata: 55’
"Salomon saith: There is no new thing upon the earth. So that as Plato had an imagination, that all knowledge was but remembrance; so Salomon giveth his sentence, that all novelty is but oblivion.
FRANCIS BACON, “Esseys”
Costruito in uno spazio chiuso, cubico e trasparente, questo lavoro è una riflessione sull’ambiguità tra realtà e realtà della percezione. Gli interpreti si muovono in condizioni di semi oscurità, estremamente vicini al pubblico e la “visione”, in quanto “rivelazione”del corpo o epifania, è legata a percezioni sensoriali minime, nonché restituita a tratti con delle proiezioni di immagini a infrarossi, dal tecnico in scena. Questi ha qui la funzione di “demiurgo” dell’azione, d’occhio che sottrae le figure al buio notturno per restituirne la fiaba. Come un “Aleph” di borjesiana memoria, lo spettacolo si offre, oltre che a una sperimentazione coreografica guidata dalla memoria spaziale e dall’ascolto ritmico, a una sorta di miraggio e magia del rovesciamento dello spettacolare. Dal suo interno, i ritratti di ognuno si perdono fra le immagini sfocate di un labirinto, come cifra e linguaggio di cui si è perso il codice.
LETTERE all'Assente
Di e con: Giovanna Amarù
Con la collaborazione di: Carlo Ferreri
Montaggio video, tecnica: Marco Sciveres
"Racconto senza fine all'assente la sua assenza; situazione sommamente inaudita; l'altro è assente come referente, presente come interlocutore. Di tale singolare distorsione nasce una sorta di presente insostenibile.
L'assenza dura, bisogna che la sopporti. Dunque la manipolerò: in modo da trasformare la distorsione del tempo in va e vieni, produrre del ritmo, aprire la scena del linguaggio (il linguaggio nasce dall'assenza: il bambino si è costruito un rocchetto, lo lancia e lo riprende, mimando la partenza ed il ritorno della madre: è stato creato un paradigma). L'assenza diviene una pratica attiva, un indaffararsi ( che mi impedisce di fare altro). Questa messa in scena del linguaggio allontana la morte dell'altro: un momento molto breve, diciamo, separa il momento in cui il bambino crede ancora la madre assente e quello in cui egli la crede già morta.
Manipolare l'assenza, è allungare questo momento, ritardare il più possibile l'istante in cui l'altro potrebbe passare bruscamente dall'assenza alla morte".
(Roland Barthes, Fragments d'un discours amoureux)
Un monologo sulla falsariga di un racconto interiore, un movimento costante ed aperto come quello di una corrispondenza intima con l'Assente, che è un presente d'altra natura. Appunti ed osservazioni d'un viaggio dove il desiderio è descrivere e descriversi ad una presenza sottratta. Una figura che è "il corpo dell'attesa" dunque, storicamente, il paradigma del femmineo e del femminile. Penelope joyciana, Bella addormentata nel bosco, Madonna nell'attesa della resurrezione o danzatrice alle prese con un tempo fatto di molte vite, alla ricerca del passo riconciliante, esaustivo.
FIGURA PRIMA
Il pittore ed il corpo danzante
Progetto e danza: Giovanna Amarù
Pittura: Jean Blaise Evequòz
Tecnica luci e proiezioni: Marco Sciveres
Produzione 2006 con il sostegno di: Teatro Interface, Loterie Romande, Migros Pour–Cent Culturel.
Durata: 45’
"Credo che il pittore debba essere attraversato dall'universo e non volerlo attraversare…Aspetto d'essere interiormente sommerso, sepolto. Dipingo forse per risorgere. Ciò che chiamiamo inspirazione dovrebbe essere preso alla lettera: vi è realmente inspirazione ed espirazione dell'Essere, respirazione nell'Essere, azione e passione così poco distinguibili che non sappiamo più chi vede e chi è visto, chi dipinge e chi è dipinto". « L'œil et l'esprit », Merleau-Ponty
Questo progetto per un pittore ed un danzatrice è una ricerca sul processo creativo che induce l'uno alla trasposizione della "visione" sulla tela, l'altra alla trasformazione del movimento attraverso le suggestioni della materia pittorica. L'atto del dipingere, il ritratto, sono ripresi nel loro divenire da una camera e proiettati su diverse superfici,delimitando lo spazio della danzatrice. Il materiale coreografico, lavorato in un primo tempo in modo più astratto e indipendente, subisce, secondo l'immagine proiettata, un forte condizionamento spaziale, qualitativo e ritmico. A sua volta l'immagine cangiante dell' "oggetto" ritratto incide sull'immagine mentale del ritrattista. Una figura prima delle figure, una prima figura di infinite altre.Conoscenza del Sé, percezione e rappresentazione dell’Altro fanno eco al mito di Narciso ed a quello di Pigmalione e Galatea, come punto nodale di un binomio desiderio/identità che si infrange nella genesi dell’immagine. Questa creazione, che lascia ampio margine ad una scrittura istintiva, mette l'accento sulla metamorfosi continua e reciproca del movimento e dell'atto del dipingere, dove vedere e sentire sono la stessa cosa ed "ogni tecnica è tecnica del corpo, a raffigurare ed amplificare la struttura metafisica della nostra carne".