EDEN
Creazione finalista Premio Scenario 2009
Regia, coreografia, montaggio musicale: Giovanna Amarù
Con: Marta Capaccioli, Diego Invernizzi, Daniela Macaluso, Antonio Stella, Giovanna Amarù
Luci: Marco Sciveres
Riferimenti bibliografici:
“Teorema”, P.P. Pasolini
Divina Commedia, Purgatorio, Canto XXVIII, Dante Alighieri
Eneide libro VI, Virgilio
Mito di Persefone/Proserpina,
Decameron, Boccaccio
Produzione 2008/2009: Compagnia Nuda Veritas, Studio L.I.R.A.
Durata: 55’
Sovrane insegne, ci ripetiamo per vivere, l’accaduto accadrà. L’esatto “Teorema” di cinque figure doppie, come primo/ultimo seme di una discendenza e di una separazione, colate in imbuto in un luogo dove, svanito il tempo, lo spazio perde la sua misura. La storia è una smorfia della ragione, il ripetere è in ciascuno attesa di chiarimento, felicità nella norma ed esercizio di proprietà, il deserto è l’ammontare dei passi e delle teste cadute, i frutti sono tumescenze terrestri e le corone concrezioni del desiderio. Elogio dei dolci giorni comuni, Eden senza memoria e profondità, miserabile magnificat di quando si compiva il destino ciecamente. Chi sarà qui domani, chi se ne andrà porterà via noi stessi o chi credevamo di essere e l’esodo dalla casa ci renderà stranieri, docili come bestie, insoluti e insolventi, eredi del diritto alla colpa e del rovescio della salvezza.
Donna Matelda è la madre Lucia sorriso d’adultera senza peccato
Deifobo è il padre Paolo guerriero della disfatta e della consegna
Serafino è il figlio Pietro un diverso, nel nome ardente d’amore
Proserpina è la figlia Odetta figlia rapita e col pugno di vergine
Didone è la serva Emilia l’abbandonata e muta, l’insegna
In scena l’abbondare del rame ed un albero incrostato di foglie, che è pure scudo metallico di antiche battaglie. Che è riparo della nudità prima ed ultima del corpo. L’arco del dramma è pensato come processo chimico d’ossidazione,che offre alla vista il passaggio dal riverbero solare e minerale alla fioritura e muffa d’un verde opaco. Il medesimo verde dell’ortica e del basilico, dell’alloro e della spina, cantato e testimoniato in poesia e profezia. Lo stesso del giardino della prima casa, da cui bisogna andarsene. Ironia d’una vita che s’infiltra e corrompe, che passa dal muso alla coda impazzita del cane che insegue. Che lascia segni e indicazioni ai seguenti, senza spiegare.
Creazione finalista Premio Scenario 2009
Regia, coreografia, montaggio musicale: Giovanna Amarù
Con: Marta Capaccioli, Diego Invernizzi, Daniela Macaluso, Antonio Stella, Giovanna Amarù
Luci: Marco Sciveres
Riferimenti bibliografici:
“Teorema”, P.P. Pasolini
Divina Commedia, Purgatorio, Canto XXVIII, Dante Alighieri
Eneide libro VI, Virgilio
Mito di Persefone/Proserpina,
Decameron, Boccaccio
Produzione 2008/2009: Compagnia Nuda Veritas, Studio L.I.R.A.
Durata: 55’
Sovrane insegne, ci ripetiamo per vivere, l’accaduto accadrà. L’esatto “Teorema” di cinque figure doppie, come primo/ultimo seme di una discendenza e di una separazione, colate in imbuto in un luogo dove, svanito il tempo, lo spazio perde la sua misura. La storia è una smorfia della ragione, il ripetere è in ciascuno attesa di chiarimento, felicità nella norma ed esercizio di proprietà, il deserto è l’ammontare dei passi e delle teste cadute, i frutti sono tumescenze terrestri e le corone concrezioni del desiderio. Elogio dei dolci giorni comuni, Eden senza memoria e profondità, miserabile magnificat di quando si compiva il destino ciecamente. Chi sarà qui domani, chi se ne andrà porterà via noi stessi o chi credevamo di essere e l’esodo dalla casa ci renderà stranieri, docili come bestie, insoluti e insolventi, eredi del diritto alla colpa e del rovescio della salvezza.
Donna Matelda è la madre Lucia sorriso d’adultera senza peccato
Deifobo è il padre Paolo guerriero della disfatta e della consegna
Serafino è il figlio Pietro un diverso, nel nome ardente d’amore
Proserpina è la figlia Odetta figlia rapita e col pugno di vergine
Didone è la serva Emilia l’abbandonata e muta, l’insegna
In scena l’abbondare del rame ed un albero incrostato di foglie, che è pure scudo metallico di antiche battaglie. Che è riparo della nudità prima ed ultima del corpo. L’arco del dramma è pensato come processo chimico d’ossidazione,che offre alla vista il passaggio dal riverbero solare e minerale alla fioritura e muffa d’un verde opaco. Il medesimo verde dell’ortica e del basilico, dell’alloro e della spina, cantato e testimoniato in poesia e profezia. Lo stesso del giardino della prima casa, da cui bisogna andarsene. Ironia d’una vita che s’infiltra e corrompe, che passa dal muso alla coda impazzita del cane che insegue. Che lascia segni e indicazioni ai seguenti, senza spiegare.